“Marijuana Light” a Formia, l’impresa di due ragazzi che rischia di chiudere appena aperta

Un ampio e centralissimo locale per la vendita nel centro della città, un investimento da 50mila euro e due o tre persone alle quali dare lavoro. Quante rarità tutte insieme di questi tempi, un pò dovunque nel pantano Italia, ma soprattutto nel desertificato contesto socio-economico di Formia. Eppure ora anche Formia vorrebbe raccontare la sua storia di giovani – il 34enne Luca e il 29enne Giordi – che non si arrendono alla crisi, che non si sottomettono alla moderna schiavitù, che non si abbattono e con coraggio accettano la sfida. I due giovani imprenditori ciociari (titolari della Mamurro Retail), di Cassino, ci hanno detto che “o cercavamo un posto in fabbrica (a trovarlo) oppure accettavano la sfida. Conosciamo le possibilità di questo mercato – spiegano mentre continuano a rispondere senza sosta alle richieste di lavoro di ragazze che entrano nel negozio dove è affisso un cartello “Cercasi commessa” – e abbiamo deciso di provarci e senza mai essere stati fumatori in vita nostra, anche perchè vendiamo una larga serie di prodotti a base di canapa”. Per ora è andata bene perchè quello di Formia è infatti il secondo punto vendita dopo Frosinone e a settembre ne apriranno un altro anche a Cassino. Ma il destino baro ha però voluto che nello stesso giorno dell’apertura del punto vendita “Cannabis Store Amsterdam” di Formia, un noto franchising internazionale, il Consiglio superiore della Sanità italiano dicesse stop a questa nuova frontiera commerciale in ascesa.
Un mercato floridissimo incentivato negli ultimi anni da una legge del 2016 (la numero 242 del 2 dicembre) del Governo (sposata nel 2017 dalla Regione Lazio) per il ritorno alla coltivazione della canapa, ovviamente nella variante non psicotropa, la Sativa, povera del famigerato Tch (tollerato fino allo 0,2%), un principio attivo stupefacente, contenuto al contrario nella Indica. Un ritorno eccellente, perchè la canapa è una delle piante più eclettiche dell’intero pianeta, ma fu messa al bando all’inizio del secolo scorso per consentire il predominio sul mercato delle lobby del petrolio. Secondo un rapporto dell’associazione Lazio Canapa infatti, si stima che con la Canapa sia possibile produrre 25mila prodotti diversi: dall’agroalimentare alla cosmetica, dalla medicina al tessile, dall’edilizia all’ingegneria. Perciò la legge ha avuto l’obiettivo di interrompere l’emorragia della fuga dalle campagne restituendo a nuova vita numerosi terreni incolti e rivitalizzando il mondo di un settore occupazionale in declino. La Canapa apre un mercato floridissimo proprio per il suo eclettismo e in Italia da allora sono sorte un migliaio di piccole e medie imprese per un giro di affari stimato attorno ai 40 milioni di euro.
Eppure, mentre proprio in questi giorni anche il Canada ha definitivamente legalizzato la coltivazione, la distribuzione e l’utilizzo della canapa in tutte le sue varianti, dopo che negli ultimi anni lo hanno fatto anche Uruguay e molti stati Usa, oltre all’antesignana Olanda (da dove proviene l’azienda che ha ceduto il franchising al punto vendita formiano). L’Italia, come al solito, va in controtendenza. Così non solo il tema della legalizzazione delle cosiddette droghe leggere resta un tabù preservato da un certo establishment arcaico e moralista, ma ora si vuole chiudere il mercato della cosiddetta Cannabis Light con l’indicazione fornita dall’organismo consultivo ministeriale per cui “la biodisponibilità di Thc anche a basse concentrazioni (0,2%, ma fino a 0,6% per tollerare alterazioni a tutela dell’agricoltore, ndr) non è trascurabile, sulla base dei dati di letteratura; per le caratteristiche farmacocinetiche e chimico-fisiche, Thc e altri principi attivi inalati o assunti con le infiorescenze di cannabis sativa possono penetrare e accumularsi in alcuni tessuti, tra cui cervello e grasso, ben oltre le concentrazioni plasmatiche misurabili; tale consumo avviene al di fuori di ogni possibilità di monitoraggio e controllo della quantità effettivamente assunta e quindi degli effetti psicotropi che questa possa produrre, sia a breve che a lungo termine”.
In conclusione si tratta di una indicazione sulla quale sarà poi il ministero presieduto dalla pentastellata Giulia Grillo a decidere se preservare, modificare o sospendere il mercato come lo conosciamo oggi. E in questo senso il Governo sembra andare nella direzione opposta a quella del Consiglio alla luce della circolare fatta pervenire ai punti vendita nei giorni scorsi dal ministero delle politiche agricole, con la quale si consente e si regolamenta il suddetto mercato (in particolare relativamente ai limiti di Thc, alle infiorescenze e ai semi). Non sfugge che mentre il mondo si apre alla legalizzazione, alla depenalizzazione e alla regolamentazione, soprattutto per sconfiggere nel loro principale business le criminalità organizzate e i cartelli della droga di tutto il mondo, l’Italia, pare decisa a difendere il proibizionismo.